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REPORT ParisBrestParis 2015

La distanza come dimensione mentale, a tratti infinita, ma affrontata senza previsioni, senza orologi, nella sfumatura che va dalla notte al giorno e ritorno.
L’oceano davanti a Brest, il ponte, il porto, con le ultime luci del sole, il percorso è come il mare: mai del tutto piatto, a volte leggere ondulazioni, altre onde più alte, mai salite con un inizio e una fine. Non si imposta la propria andatura, ma ci si regola metro su metro, rilanciando, anziché alleggerire si allunga il rapporto e ci si alza sui pedali.

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Un percorso che sulle nostre strade non esiste, ma con cui è facile entrare in confidenza.

Questa è la vera unicità, l’altra la partecipazione, il calore umano: applauditissimi, da bambini di due anni, famiglie al completo, lungo tutto il tragitto, banchetti improvvisati, la vecchietta a tarda sera seduta con la coperta sulle ginocchia, un signore distinto che lascia il volante e applaude da solo dentro l’abitacolo, sorrisi, 1000 “bravò!” “buon courage”, solitari in mezzo alla campagna con la seggiolina pieghevole, a seguire brevi apparizioni. Ma soprattutto bambini, ragazzi e ragazzine graziosi, composti, educati che evidentemente trovano ancora qualcosa di interessante nel nostro passaggio, come poteva essere a fine ‘800, alla prima edizione, quando la strada era ancora un luogo di aggregazione.

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E poi le scene spettrali: i paesi di notte, agghindati con manichini raffazzonati, bici verniciate, fiorite, appese ai pali, agli alberi oppure giganti, illuminate. I fantasmi di ciclisti veri e addormentati, forse vivi nella nebbia sopra Brest, a bordo strada, spalle al muro, avvolti completamente nella carta stagnola, o senza nulla, col volto gelido e spento, immobili.
Viceversa la mattina, incrociandosi di ritorno, la giapponese fuori tempo massimo, occhialone da sole e trecce, sorriso fino alle orecchie; il russo che si strappa le maniche, il treno finlandese, quello svedese, la scia della reclinata, il fruscio dei siluri carenati, il tandem con cui ho imparato a tirare sui dossi e accodarmi quando spiana.

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All’andata si hanno momenti in cui sembra impossibile arrivare in fondo, al ritorno invece ho trovato un’energia che non ha nulla di muscolare, una forza euforica che mi ha fatto spingere sui pedali, notte e giorno, come non mai!

Michele Brembilla

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